Ai margini della seconda giornata della Conferenza degli UNESCO Geoparchi organizzata nel Pollino, in Calabria e in Basilicata è emerso che l’Inventario Nazionale dell’Ispra conta in Italia ben 2700 geositi. Come ha dichiarato, Arcangelo Francesco Violo segretario del Consiglio Nazionale dei Geologi, i geositi godono di un alto valore scientifico e culturale in quanto offrono la possibilità di vedere con estrema nitidezza i fenomeni geologici e i loro prodotti. Tali rinvenimenti testimoniano l’alta geodiversità che caratterizza il territorio italiano. Monumento per eccellenza della Preistoria Europea è la Grotta del Romito la cui scoperta è avvenuta nel 1961 a 14 km dal comune di Papasidero (Cs). Questo importante rinvenimento ha permesso di ripercorrere le vicende preistoriche della Calabria settentrionale e dimostra che questa regione era già abitata 20.000 anni fa.
Le indagini e gli scavi archeologigici della Grotta-Riparo del Romito sono state condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria e dall’Istituto italiano di Preistoria e Protostoria e dirette dal prof. Paolo Graziosi in collaborazione con la Dott.ssa Mara Guerri e il Prof. Santo Tinè. Le ricerche condotte dal prof. Fabio Martini hanno permesso di fornire ulteriori informazioni su un periodo di 10-8 mila anni fa e comunemente detto Mesolitico. Un’indagine importante in quanto ha apportato nuove informazioni sulla Calabria.
La grotta è divisa in due sale che si estendono per circa 20 mt e sono caratterizzate da roccia calcarea e percorribili attraverso un cunicolo stretto e privo di luce e il riparo che si estende per circa 34 metri in direzione est-ovest. L’uomo del Romito apparteneva alla stirpe cro-magnon e non conosceva la pratica dell’allevamento degli animali e tantomeno l’agricoltura e la lavorazione della ceramica. Grazie all’analisi del carbonio 14 è stato stabilito che il periodo neolitico risale al 4.470 A.C. Mentre per il periodo paleolitico superiore il più antico degli strati dimostra che risale a quasi 16.800 anni fa A.C. La grotta è stata abitata a lungo dall’Homo sapiens e ciò è testimoniato dagli strumenti litici e ossei, dai resti dei propri scheletri e dal fantastico graffito del toro esposto nel riparo e lungo circa un metro e venti centimetri. La figura è incisa su un masso di circa 2,30 metri di lunghezza ed è inclinato di 45°. Le corna dell’animale disegnate entrambe a profilo chiuso sono proiettate in avanti. La bocca, le narici, l’occhio leggermente accennato e l’orecchio sono particolari riprodotti con una certa cura e proprio questa diligenza sottolinea l’importanza che veniva data a questi elementi. Il disegno rappresentato in proporzioni perfette è stato eseguito da una mano esperta o se vogliamo essere più precisi da una mano con tratto sicuro. Sotto la figura del toro appare incisa una figura sottile di bovide del quale vengono riportati solo la schiena, il petto e la testa. Di fronte al masso con il bovide c’è un’altra incisione dello stesso con segni lineari incisi il cui significato non è ancora stato ben decifrato. Circa cinquanta cocci di ceramica testimoniano invece il passaggio del Neolitico nella Grotta e il commercio dell’ossidiana che proveniva dalle Isole Eolie.
La Grotta del Romito è meta costante di numerosi turisti attratti dalla sua esemplare bellezza e dalla sua importanza storica e archeologica. Questo importante reperto archeologico custodisce anche le sepolture monosome di tre coppie che risalgono più o meno a 9.200 anni fa A.C e sono disposte in osservanza di un rituale ben preciso. La prima coppia è conservata nel Museo nazionale di Reggio Calabria ed è stata rinvenuta nella grotta, l’altro sepolcrale è conservato nel Museo fiorentino di Preistoria congiuntamente alle schegge litiche (quasi 300) che sono state rinvenute nei diversi strati analizzati nel riparo e nella grotta. Infine la terza coppia è attualmente oggetto di studio dell’Istituto di Preistoria di Firenze. Di recente alcuni scavi hanno permesso di rinvenire i resti di una quarta sepoltura le cui origini sono ancora più antiche delle altre tre e risalgono infatti a 16.000 anni fa e la loro importanza è estremamente particolare in quanto colma un vuoto di reperti preistorici in un arco di tempo di che va da 20.000 a 12.000 anni fa. Al Neolitico Recente risale il deposito ceramico dello stile di Masseria Bellavista. E’ probabile che la Grotta sia stata frequentata nell’Età dei Metalli anche se non c’è nessuna traccia che lo documenta.